Centro Studi Naturopatici

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domenica 20 novembre 2011

IL SUFISMO un metodo che aiuta l'uomo a guarire (Prima parte)

Spesso nella nostra pratica professionale ci limitiamo a mettere in pratica tecniche di guarigione naturali che fanno parte da secoli della nostra tradizione, prima igienista e in seguito naturopatica, senza porci a confronto con altre realtà nate e cresciute in ambiti culturali diversi dal nostro. E' invece molto interessante notare che anche culture molto lontane dalla nostra sono giunte, magari per strade molto diverse da quelle da noi percorse, ad elaborare sistemi di educazione alla salute che integrano e arricchiscono il nostro bagaglio culturale e professionale e ci permettono di migliorare il nostro approccio ai bisogni di chi si rivolge a noi per un percorso di autoguarigione. Questo post mi è stato ispirato dalla lettura di un articolo di presentazione di un agevole libretto di Maurizio Cusani “ Curarsi e guarire con i Sufi” , di cui riporto gli aspetti che considero più qualificanti dal punto di vista del naturopata. Ritengo infatti che il grave errore, che tuttora rischiamo di fare quando approcciamo le problematiche di chi si rivolge a noi da un punto di vista professionale, sia quello di porci di fronte alla persona solo ed esclusivamente valutando il suo stato di salute psico fisica da un punto di vista funzionale, tralasciando il suo rapporto con il mondo e, soprattutto con il suo essere spirituale (inteso in senso assoluto e non confessionale). Il Sufismo è un'importante corrente del misticismo islamico che si propone di recuperare lo spirito originario dell'insegnamento di Maometto, deplorando l'esteriorità per attingere ad un'altra dimensione, specificamente interiore. "Il Canto del derviscio" (Parabole della saggezza sufi) è una raccolta delle storie più significative dalle opere del grande poeta Jalaluddin Rumi, uno dei maggiori maestri sufi. Egli auspica un mondo senza libri e maestri, dove l'uomo possa raggiungere la verità in maniera semplice, guardando dentro di sé. L'uomo ideale di Rumi è già perfetto e non ha bisogno di cercare niente all'esterno: questo è il tipo di consapevolezza che deve sviluppare. Se ci riesce, capirà di includere già nel suo intimo il nucleo più autentico di ogni dottrina religiosa. Per questo grande poeta Sufi infatti, Dio non si trova sulla Croce, o nel tempio indù, o nella moschea, ma soltanto nel nostro cuore. Il Sufismo è quindi un antico orientamento pratico che si basa su un amore attivo per Dio e per il prossimo e che elabora dei metodi e degli esercizi che permettono all'uomo di essere consapevole della natura e dell’amore Divino e di stabilire delle relazioni armoniose col mondo, con le persone , con la natura e con sé stesso. Il Sufismo quindi non può essere considerato né una parola, né un concetto ma, piuttosto un metodo per una una vita armoniosa. Per il sufismo una persona nel suo sviluppo spirituale passa attraverso una serie di tappe, definite anche stazioni . I Sufi della tradizione Naqshabandiyya evidenziano quattro stazioni: il Nafs (l’egoismo, gli istinti animali), il Qalb (il cuore, l’emotività), il Ruh (lo spirito) e il Qurb (la prossimità all’Altissimo). Ciascuna stazione comprende un certo insieme di malattie che la caratterizzano e che possono essere contrastate prendendo coscienza della propria condizione e agendo di conseguenza. La maggior parte di noi si trova alla prima tappa (stazione del Nafs) dove si producono le malattie generate dal falso Io. Il concetto di “Nafs” è di solito tradotto con il termine ego o egoismo. Il Nafs o ego è insito in tutte le persone, cioè è parte integrante della natura umana. Il primo passo verso la comprensione di Dio nella pratica Sufi è il superamento del Nafs (dell'ego) che permette di conseguenza di prevenire le patologie ad esso correlate. A questo proposito riporto una parabola Sufi per chiarire meglio i concetti proposti. Una volta, un viaggiatore che camminava da molti giorni nella steppa deserta, trovò un sacchetto di monete d’oro ed era felice per questo ritrovamento straordinario. Quando l’entusiasmo iniziale passò, si guardò attorno impaurito per vedere se qualcuno l’avesse visto. Dietro ad ogni cespuglio, scorgeva occhi ostili. Nella sua testa correvano le immagini di un malfattore che avendolo scoperto e catturato, lo uccideva per recuperare la refurtiva concessa da Dio. Forse non dovevo prenderla per allontanarmi dal peccato? Tormentato da sentimenti contrastanti, in piedi, non aveva il coraggio di chinarsi sul sacco. Una voce al suo interno sussurrava: “Prendi il tuo dovuto! Non hai sofferto abbastanza? Fino alla fine dei tuoi giorni vivrai agiatamente, ben vestito e calzato, andrai sopra un bel cavallo e non camminerai dissanguandoti i piedi!”“Effettivamente, ciò non ti appartiene!” – obiettava un’altra parte della sua personalità. Probabilmente il viaggiatore sarebbe rimasto così per lungo tempo, se un maestro Sufi non fosse sbucato dal nulla proferendo: “Prendilo se lo hai trovato. Se scopri chi ha perso il sacco restituisciglielo senza chiedere alcun compenso, ma se dopo un mese il proprietario non si fa vivo, dividi la refurtiva con altri bisognosi come te”. Ad una prima lettura della parabola Sufi potremmo ritenere che la voce del primo Nafs abbia persuaso il viaggiatore a prendere il sacco d’oro, perché il suo vero Nafs lo tratteneva da tale atto. Ma il Nafs cioè l'ego non è una cosa così semplice. Entrambe le voci appartengono al Nafs (all'ego). La vera soluzione Sufi consiste nel trovare la via mediana che mantiene la persona in equilibrio. Il compito del Nafs cioè dell'ego è di indebolire con successo quest’equilibrio usando mezzi molto diversi e contrari: l’amoralità ma anche le norme sociali accettate comunemente. L’uomo, poiché possessore dei bisogni vitali, si trova alla stazione del Nafs (dell'ego) fin dalla nascita. Essendo dei bambini, siamo completamente in balia di questa stazione . Col tempo, il bambino che cresce e diventa adulto si abitua alle norme sociali e può controllare i suoi desideri. Purtroppo, molte persone restano alla stazione del Nafs per tutta la vita, poiché sono alla mercé degli istinti animali, dei divertimenti e dei piaceri. Senza una disciplina, non impariamo ad opporci a quest’influsso nefasto e ci trasformeremo infine in un essere irritabile, permaloso e piagnucoloso tormentato da varie malattie. La persona che si trova alla stazione del Nafs è predisposta a molte malattie : alcolismo, tossicodipendenza, dolori cardiaci, cancro, epatite, vista debole, eccesso di peso, depressione, ansia, ecc… Il Nafs è insidioso, obbliga l’uomo a lottare contro sé stesso e a combattere lo stesso Nafs, ma il risultato saranno i rimorsi di coscienza e le malattie. Ad ogni modo, per controllare con successo il Nafs l'uomo dovrà molto impegnarsi, praticando esercizi che sviluppano la volontà e la capacità di governare sé stessi. In questo modo l’uomo si sbarazza dell’influenza nociva del Nafs e passa alla stazione del cuore.

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